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L’abito… della Festa

Si sa, per una festa si indossa un vestito elegante e bello, un abito degno della circostanza.

La circostanza in oggetto è la Solennità di San Michele Arcangelo del 29 settembre: una ricorrenza liturgica che solitamente “richiama” migliaia di fedeli ma che quest’anno, cadendo di domenica, ha fatto registrare una partecipazione davvero straordinaria.

Sin dalle prime ore del giorno un fiume in piena di gente ha letteralmente riempito le strade di Monte Sant’Angelo e, ancor di più, il Santuario: pellegrini, camminatori a piedi, devoti, montanari e forestieri, tutti accolti con il più bell’abito della preghiera e della fraternità. Il clima spirituale, infatti, ha caratterizzato l’intera giornata, scandita dalle numerose Sante Messe e da momenti oranti e di invocazione; e di fronte alle comprensibili difficoltà logistiche, l’opera del personale e dei volontari della Basilica ha trovato la pacifica e condivisa collaborazione dei tanti che attendevano di scendere nella Sacra Grotta.

Fulcro e centro della Festa è stata la Divina Eucaristia presieduta da Mons. Franco Moscone: rendimento di grazie al Signore per il dono e per la presenza dell’Arcangelo. Attorno alla “mensa” hanno preso posto tutti i parroci e i religiosi della Città, molti sacerdoti diocesani e forestieri; ai piedi del presbiterio, il popolo di Dio e le più alte autorità, civili e militari, locali, provinciali e regionali; in collegamento streaming, devoti, ammalati, lontani, d’Italia e del mondo.

L’abito di San Michele è stato oggetto della riflessione dell’Arcivescovo: analizzandone quattro parti, sono emerse altrettante indicazioni pastorali.

I calzari: «A me sembra che dicano la vocazione missionaria di uscita di ogni credente e della comunità nel suo insieme: abbiamo bisogno di educarci a quella che ho chiamato la geografia del cuore prima che alla geografia dei luoghi». La corazza: non un qualcosa che separi, ma piuttosto una forma «per abbracciare: abbiamo bisogno di rieducarci ad una corretta affettività, ad una giusta educazione della corporeità e della sensualità». L’elmo: «in questo caso è una corona, che vuol dire dignità, forza e significato, sopratutto nella solidarietà e nel lavoro». La spada, che «pare l’elemento di un’arma contundente, ma che – sappiamo – nella Sacra Scrittura diventa immagine della Parola di Dio, parola di legalità e di giustizia: un monito per i cristiani e seguaci di San Michele a far emergere sempre la giustizia».

Un ultimo messaggio è stato, poi, destinato dal Pastore diocesano a coloro che aderiscono a situazioni di illegalità: «Sappiate che il piede nella fossa e alla catena ce l’avete voi, anche se pensate di porlo agli altri e legarlo ad altri; sappiate, però, che non c’è situazione da cui non si può venire fuori, non c’è inferno a cui Dio non possa arrivare. San Michele ce lo ricorda: convertitevi! Convertiamoci, dunque, e teniamo alto il senso della conversione perché è molto facile cadere e lasciarsi avvinghiare da quel gusto e da quella voglia di denaro che è la forma e l’inizio di ogni malvagità».

In tale contesto si è perfettamente inserita la presenza degli organi di pubblica sicurezza e, in particolare, della Polizia di Stato: alcuni agenti hanno elevato la “Preghiera del poliziotto” dedicata all’Arcangelo.

In ultimo è bello sottolineare come l’animazione liturgica della celebrazione abbia proposto per la prima volta un nuovo inno in onore di San Michele: composto da Mons. Marco Frisina, esso è stato eseguito dal Coro della Basilica, per l’occasione supportato da organo, violino, flauto e clarino.

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